Curiosità…

TROPPO CALDO, E I FIORI CAMBIANO RITMO.  

_api.630x360 (1)Anche per il miele sono tempi duri: crisi economica e crisi dell’agricoltura; competizione con nuove specie arrivate seguendo le strade dell’immigrazione; inquinamento e i cambiamenti climatici, che a molti sembrano un argomento di discussione lontano e che invece già oggi incidono in modo visibile sul calendario delle fioriture delle piante che le api devono impollinare. Perché un fiore che un tempo sbocciava, puntuale, sempre nello stesso momento dell’anno, oggi può fiorire in anticipo sulla stagione primaverile o in ritardo su quella estiva, oppure non fiorire affatto. Oppure cambiano le quote a cui le piante crescono: un fiore che 10 anni fa cresceva a 500 metri di altitudine, già oggi si trova più lontano. Più in alto o più in basso, ma comunque sia le api dovranno rincorrerlo.

Dentro a un barattolo di miele acquistato al supermercato o direttamente da un apicoltore c’è quindi una storia complessa, legata anche alla salute del nostro pianeta.

COME SI PRODUCE IL MIELE? QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE DEVE AVERE UN MIELE DI ALTA QUALITÀ?

TUTTO HA INIZIO NELL’ALVEARE.

Le materie prime per fare il miele sono “reperite” direttamente dalle api: il nettare dei fiori o la melata (una sostanza zuccherina prodotta dal metabolismo di afidi e altri piccoli insetti che si nutrono della linfa delle piante) sono raccolti dalle api bottinatrici, operaie specializzate che, tornate all’arnia, passano il “bottino” (da qui il nome) alle compagne operaie.

Queste ultime lo depongono in celle esagonali che fungono da dispensa (i favi); agitando le ali, altre api specializzate, le ventilatrici, creano correnti d’aria hanno lo scopo di fare evaporare l’acqua dal miele e di regolare l’umidità dell’alveare. Questo impianto di condizionamento naturale abbassa la temperatura dell’ambiente e la mantiene costante. Il video che segue mostra le ventilatrici all’opera [l’articolo prosegue dopo il video].

Tutto questo lavoro garantirà alle api scorte alimentari per la stagione invernale. Il miele è, per le api, una fonte di carboidrati a lungo termine: se nella bella stagione questi insetti fanno incetta di cibo fresco – il nettare – non dimenticano però di trasformare la sostanza zuccherina delle piante in un prodotto a lunga conservazione che possa fornire loro il sostentamento necessario per i mesi invernali, quando di fiori non c’è l’ombra.

Quello che l’uomo fa con api potrebbe essere considerato, di primo acchito, un furto di cibo… Ma va anche detto che solo una parte del miele prodotto dalle operaie viene di fatto prelevato: «L’apicoltore non tocca le scorte che si trovano sotto al melario» spiega Giuseppe Fontanabona, ex Presidente dell’APAP, l’Associazione Provinciale Apicoltori Piacentini, «e se un alveare dovesse trovarsi in una situazione di sofferenza nutrizionale, si reintroduce miele o sciroppo di polline al suo interno, come alimentazione supplementare se il miele rimasto non basta».

VIA LIBERA!

Ci vuole in genere poco più di un mese affinché il miele si disidrati e maturi al punto giusto. Quando è pronto, le operaie lo raccolgono in altre cellette che sigillano con una capsula di cera (opercolo), e a questo punto il miele è pronto da raccogliere.

LA MANO DELL’UOMO: DAI MELARI AL VASETTO.

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La lavorazione umana del miele inizia dunque dopo il periodo delle fioriture, quando l’opera delle api è terminata. Per estrarre il miele dal melario, la sezione all’interno dell’arnia che contiene i favi, occorre prima allontanare le api. In genere lo si fa utilizzando l’apiscampo, un disco di plastica che costringe le api a uscire dal melario senza la possibilità di tornare indietro (e che non nuoce in alcun modo alla loro salute), oppure con un soffiatore di aria compressa che le allontana in modo più energico, ma comunque senza danneggiarle. A campo sgombro si possono togliere delicatamente i melari col loro prezioso contenuto.

Si è ora pronti per portare i melari sul piano di lavoro, dove con un apposito strumento – il rifrattometro – viene controllata l’umidità del miele. Le api normalmente lo opercolano quando ha raggiunto un’umidità inferiore al 18%: se, per ragioni di stagionalità, o per il tipo di miele, lo si trova in condizioni di umidità maggiore, lo si può deumidificare con appositi macchinari che usano dischi rotanti caldi per fare evaporare l’acqua in eccesso.

42-17985139_ ESTRAZIONE A INVASO.

A questo punto, con un semplice coltello o un apposito macchinario, si procede alla disopercolatura: si tolgono cioè i coperchi di cera che chiudono i favi. È poi il momento della smielatura: i favi, contenuti nei telaini, le cornici in cui le api hanno costruito il favo, sono inseriti all’interno di un cilindro rotante, lo smielatore. Qui, grazie alla forza centrifuga, i favi vengono svuotati del loro contenuto che è dirottato verso grandi contenitori in acciaio detti decantatori o maturatori (ma basta anche un semplice secchio) avendo cura, prima, di filtrarlo con maglie di dimensioni diverse, per rimuovere i residui di cera, di api o di qualunque altra sostanza estranea. Il miele pulito è poi fatto decantare, per far emergere le bollicine d’aria incamerate durante la smielatura. Rimossa la schiuma di bolle superficiali, viene invasato “verticalmente”: i primi barattoli sono cioè riempiti con il miele che sta in fondo al secchio perché le eventuali impurità si trovano invece in superficie.

L’UNICO PAESE AL MONDO…

«L’Italia, per le diverse vocazioni ambientali del suo territorio, è l’unico Paese al mondo in cui la produzione di miele è caratterizzata da 30/40 diverse fioriture tipiche, che fanno del nostro un territorio esclusivo per assortimento e qualità dei mieli prodotti», spiega Raffaele Cirone, Presidente della FAI, la Federazione Apicoltori Italiani.

«Questo non accade in altri Paesi, dove un miele, anche se di ottima qualità, rimane però uguale a se stesso da nord a sud in territori molto ampi. Noi possiamo parlare di timo, rododendro, tiglio, rosmarino, tarassaco, ailanto, cardo, asfodelo, sulla, nespolo, limone… e la lista può andare avanti per ciascun fiore tipico di un particolare comprensorio, per sconfinare poi sui millefiori, che sono la somma di ciò che offre un luogo durante l’intera stagione fiorita. Un’avventura sensoriale per chi vuole scoprire di cosa siano capaci le api italiane».

COME RICONOSCERE UN MIELE DI QUALITÀ?

«Il miele, come il vino e come l’olio, è un prodotto vivo, strettamente legato al territorio», racconta Fontanabona, «porta con sé le proprietà del fiore da cui deriva. Se si ha la fortuna di conoscere un apicoltore della propria zona, di visitarne l’attività e degustare i vari tipi di miele, si riesce ad acquistare un prodotto sicuro e a chilometro zero, che mantiene viva la zona di provenienza. E non dobbiamo sentirci colpevoli, perché fatto 100 il “rendimento” delle api, il miele è solo il 10: tutto il rimanente è l’essenziale attività di impollinazione che questi straordinari insetti fanno a beneficio della natura e della collettività.»

 L’ETICHETTA.

La bontà è strettamente legata anche al rispetto delle regole: «Un buon miele deve rispondere a parametri stabiliti per legge a livello internazionale», aggiunge Cirone, «e garantire precise caratteristiche fisico-chimiche come, per esempio, l’umidità, gli enzimi, gli zuccheri, la conducibilità elettrica. Non avere ingredienti alimentari aggiunti né altre sostanze (organiche e inorganiche) estranee alla sua composizione naturale. Non può essere privato dei pollini e di altri componenti naturali, non deve aver iniziato processi di fermentazione, né aver subito trattamenti termici di conservazione o di rettifica dell’acidità».

I trattamenti termici, per esempio, consistono nel sottoporre il miele a temperature elevate (circa 75 °C) per alcuni secondi allo scopo, per esempio, di mantenerlo liquido il più a lungo possibile e più adatto a rimanere a lungo sugli scaffali dei supermercati. Ma sono trattamenti che alterano profondamente il contenuto di vitamine, enzimi e sali minerali del prodotto originario.

Tutte queste qualità vanno correttamente descritte nell’etichettatura, insieme all’origine geografica (nazionale, comunitaria, extracomunitaria) del miele posto in commercio.

LA DIFFERENZA… SI GUSTA!

«Il miele industriale, d’altro canto», continua Cirone, «non è un sottoprodotto, ma risponde a regole commerciali diverse, spesso basate non tanto sull’importanza del gusto o di caratteristiche uniche di una produzione territoriale, ma su un marchio noto e pubblicizzato, su miscele da diversi Paesi, su particolari politiche di prezzo. Noi però, come Federazione Apicoltori Italiani, siamo per il miele di casa nostra, contrassegnato da un sigillo di garanzia con il tricolore italiano, numerato e riconducibile a ogni nostro associato. Andate a casa di un apicoltore, guardate come e dove lavora, gustate il suo prodotto durante la lavorazione in laboratorio… Capirete di cosa stiamo parlando!»

(Fonte: http://www.focus.it)